Si sta giustamente discutendo sempre più spesso dell’importanza della cura della mente, non soltanto del corpo. Per troppo tempo l’idea di intraprendere un percorso psicologico con un terapista ha rappresentato un tabù e un’etichetta sbagliata. Un piccolo passo verso la giusta direzione è rappresentato dal Bonus psicologo 2023 erogato nel nostro paese, per un valore massimo di €1500, destinato ai cittadini con ISEE inferiore a €50.000. Ma perché, nonostante le giuste battaglie fatte in questa direzione, ancora risulta difficile rivolgersi a uno specialista quando l’aiuto di cui abbiamo bisogno è psicologico?
La risposta è sicuramente celata nei secoli e secoli che ci hanno preceduto, nei quali un disturbo psicologico è sempre stato associato ad una malattia da curare, da aggredire, da reprimere e nascondere.
I precursori della riflessione in merito al funzionamento della mente vanno ricercati nella filosofia greca. Platone e Aristotele a lungo si sono interrogati in merito all’acquisizione delle capacità cognitive. Secondo Platone queste sono innate, non dipendono perciò in maniera diretta dalle esperienze di vita, ma sono già presenti in noi al momento della nascita. Aristotele sosteneva al contrario che la mente di un bambino appena venuto al mondo fosse una Tabula Rasa, quindi un foglio bianco, sul quale poi le esperienze avrebbero scritto nel corso della vita, fino a far sviluppare le capacità cognitive di un adulto.
Gli egizi e la filosofia greca
La prima testimonianza che è giunta fino a noi di una riflessione riguardo alle alterazioni della psiche è il Papiro di Ebres. Questo manoscritto risale a più di 3500 anni fa, è un rotolo di papiro appartenente al regno di Amenhotep I. Già gli antichi egizi, infatti, avevano tentato di trovare una risposta ad alcune malattie mentali. Gli egizi avevano una buona conoscenza del corpo umano e del suo funzionamento, soprattutto per quanto riguarda l’apparato circolatorio, ma ciò non bastava a sopperire alle mancanze sulla conoscenza degli altri apparati, dunque, consideravano il cuore il responsabile della circolazione di tutti i liquidi corporei. La depressione e la demenza avevano un’origine dal malfunzionamento del cuore stesso, in tale modo ponevano i disturbi fisici e quelli mentali sullo stesso piano.
Più di mille anni dopo, la filosofia tentava di trovare una risposta a tali disturbi, ottenendo comunque lo stesso risultato: l’origine delle malattie psichiche era la stessa di quelle fisiche. E anche in questo caso l’origine era il cuore o per meglio dire il suo malfunzionamento. La melanconia, con sintomi simili e comparabili a quelli depressivi, si pensava fosse causata da un contatto tra il cuore e la bile nera. La fenite, descritta come disturbo del pensiero, era invece considerata una infiammazione del diaframma.
Devono trascorrere altri mille anni prima che Cartesio parli di ghiandola pineale. Questa teoria ha molto spazio nello studio del pensiero del filosofo. La ghiandola pineale o epifisi era considerata la sede dell’anima, collocata al centro del cervello. Siccome questa era unica, a differenza di tutte le parti del cervello (simmetriche, una a destra e una a sinistra) poteva essere la causa di uno squilibrio nel pensiero.
Per quale motivo non avvertiamo ancora la salute mentale come una priorità?
Servirebbero molte più pagine per descrivere la storia della concezione della psiche e delle sue alterazioni. Per molto tempo si è associata la malattia mentale a una deviazione rispetto alla via imposta da Dio, successivamente la follia è stata vista come una minaccia intollerabile, da combattere con la reclusione di chi ne era affetto.
Ma al di là delle superstizioni, delle riflessioni filosofiche datate due o tremila anni, dei preconcetti… per quale motivo ancora non riusciamo a vedere nella salute mentale una priorità?
Se abbiamo un disturbo a livello fisico lo accettiamo, come qualcosa su cui non abbiamo potere. Viene curato. Se al contrario avvertiamo un disturbo a livello psicologico abbiamo la tendenza a sentirci responsabili per questo, quasi ci caricassimo di una colpa che non esiste.
Non dobbiamo fare confusione, ed è bene distinguere le malattie mentali, che quindi hanno bisogno di un percorso psichiatrico e l’uso di farmaci per ricevere la cura adeguata da quella mancanza di serenità e salute mentale che viene trattata con un percorso psicologico.
È molto comune non fare questa distinzione e considerare un problema che mina alla nostra serenità mentale, tacciandolo come un problema troppo grande e irrisolvibile, quasi una malattia su cui non abbiamo controllo e che non possiamo contrastare. È possibile stare bene.
Paradossalmente la filosofia e la cultura su cui poggia la nostra mentalità ci ha aiutati e ci ha remato contro. Da un lato aver considerato per lungo tempo la malattia mentale come il malfunzionamento di una parte del nostro corpo ha spinto nella direzione della necessità di una cura e di una terapia, senza che la malattia fosse ignorata. D’altro canto, la necessità di una cura non è stata sufficientemente considerata: siamo stati a lungo impegnati a dover nascondere, emarginare e celare spasmodicamente più che affrontare la questione.