Il cammino verso i diritti civili è lungo e tortuoso, in Italia come in altri Paesi del mondo. Alcune tutele e diritti che sono stati acquisiti a fatica nel tempo sono ora un diritto che diamo per scontato, altre richiedono un’attenzione costante per essere mantenute ogni giorno. Altre ancora sono un traguardo raggiunto per molte persone in altri Paesi europei, ma non per l’Italia.
Ripercorriamo assieme alcune delle tappe fondamentali che hanno sancito un passo in avanti verso l’obiettivo del pieno raggiungimento dei diritti civili, soffermandoci a riflettere su quanto ancora c’è da fare.
1970 – Istituzione del divorzio
Non sono passati secoli, ma poco più di 50 anni, a pensarci è davvero assurdo: i nostri nonni, almeno per i primi anni del loro matrimonio non avevano per legge la possibilità di divorziare.
Fu Loris Fortuna, allora deputato del Partito Socialista Italiano a presentare il progetto di legge sulla cessazione degli effetti del matrimonio. Era il 1965 e ormai da anni si discuteva sulla questione e le piazze diventavano teatro di manifestazioni pro-divorzio.
Il 1° dicembre 1970 viene approvata la legge n, 898, non mancò certo di oppositori che tentarono di abrogare la legge con un referendum, tra questi annoveriamo i partiti di Democrazia Cristiana e MSI, associazioni cattoliche e ovviamente il Vaticano.
La chiesa solo 11 anni prima, nel 1959 avevano indetto il Concilio Vaticano II, per cercare di far fronte alla crescente crisi che dilagava al suo interno. Iniziava il processo di disgregazione della comunità dei fedeli e molti iniziavano a chiedersi se il messaggio di Cristo fosse davvero in linea con il comportamento di alcuni cristiani. Giovanni XXIII sottolineò l’importanza del dialogo nei confronti del nuovo mondo contemporaneo, in continuo cambiamento. Ma il divorzio metteva la Chiesa di fronte alla rottura di uno dei sacramenti su cui poggia la fede cristiana e dunque si oppose alla legge. Nel 1974 il referendum viene indetto e la legge non viene abrogata.
1981 – Abolizione del delitto d’onore e del matrimonio riparatore
Con la legge del 5 settembre 1981, il Codice Penale disciplina il fenomeno del matrimonio riparatore. Era pratica comune in Italia che la vittima di stupro, per non cadere in disonore come la propria famiglia, dovesse sposare il carnefice di tale violenza. Era il 1965 quando il caso di Franca Viola divenne un caso, perché decise di rifiutarsi di sposare chi aveva abusato di lei, anche se appartenente alla famiglia di un boss mafioso. Dovettero passare sedici anni prima che il suo gesto divenne una legge.
Il concetto di matrimonio riparatore era stato svincolato dalla sua indiscutibile valenza, ma ancora non si era arrivati al nocciolo del problema, ovvero alla considerazione dello stupro come un reato.
1996 – Legge contro la violenza sessuale
Bisognerà aspettare il 15 febbraio 1996 perché la violenza sessuale sia riconosciuta come reato contro la persona. L’iter della riforma partiva addirittura da vent’anni prima. Lo stupro compare e viene riconosciuto come reato, ma non si deve limitare la questione soltanto a questo, viene considerato qualsiasi costrizione non consensuale a compiere o subire atti sessuali. La legge è però qualcosa di veramente recente, troppo. Solo 25 anni perché la mentalità e alcuni preconcetti radicati nella società se ne vadano, sono troppo pochi, di fatti sono numerosi e sempre attuali i numerosi abusi sessuali registrati sia domestici che sul posto di lavoro
2016 – Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso
Il tema delle unioni civili inizia ad essere proposta di legge negli anni in cui l’abolizione del diritto riparatore era stata sancita da poco. Ma, al contrario di altre battaglie per i diritti civili, impiegherà molto più tempo per diventare una legge effettivamente in vigore. Sarà solo nel 2013 che il Parlamento presenterà dieci disegni di legge sulla regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e la disciplina delle convivenze. Nel 2014 la senatrice del Partito Democratico Monica Cirinnà presenta un’unica proposta per un testo di ddl, ridiscusso più volte e finalmente approvato dal governo guidato da Matteo Renzi il 25 febbraio 2016. Come nel caso dell’approvazione del divorzio, sono molte le voci che si levano contrarie e tentano di indire un referendum per abrogare la legge appena approvata, ma non hanno successo.
DDL Zan
Tale disegno di legge è volta all’ampliamento della legge contro le discriminazioni, inserendo anche quelle per sesso, genere e orientamento sessuale, identità di genere e disabilità. L’Italia è uno dei pochi paesi europei a non avere una legge che punisca in maniera esplicita le discriminazioni per i motivi sopra citati. Queste non sono certamente esigue, anzi sono numerose e senza una vera e propria legge che ne gestisca il trattamento, rimangono spesso impunite. Il 2 maggio 2018 viene presentata una prima proposta del DDL Zan, chiamato così per l’omonimo primo firmatario, Alessandro Zan, allora presidente di Arcigay Veneto. Due anni dopo la commissione approva il testo, ma trova l’opposizione soprattutto di Lega e Fratelli D’Italia, che accusano il progetto di essere un attacco alla famiglia tradizionale e alla libertà di parola. La legge viene approvata ma non passa in Senato, il Vaticano inoltre segnala che il ddl Zan avrebbe violato il concordato tra stato italiano e chiesa cattolica, anche se lo ricordiamo sulla carta l’Italia è un Paese laico.
La decisione viene rimandata e infine viene presa: il DDL Zan viene affossato. Ad oggi, metà 2023, il DDL Zan non è ancora stato approvato.
Adozioni per le coppie omosessuali
Ad oggi l’adozione all’interno di coppie omosessuali non è riconosciuta a livello legislativo. Nel 2014 viene emanata la cosiddetta Legge Cirinnà ha riconosciuto la stepchild adoption all’interno di coppie omosessuali. Nello stesso anno il Tribunale dei Minori di Roma ha sostenuto che nessuna legge esprime il divieto per un genitore omosessuale di richiedere l’adozione del figlio del partner. I giudici della Suprema Corte hanno definitivamente confermato questa adozione, affermando che “non determina in astratto un conflitto di interessi tra il genitore biologico e il minore adottando, ma richiede che l’eventuale conflitto sia accertato in concreto dal giudice”. Secondo la Cassazione, inoltre, questa adozione “prescinde da un preesistente stato di abbandono del minore e può essere ammessa sempreché, alla luce di una rigorosa indagine di fatto svolta dal giudice, realizzi effettivamente il preminente interesse del minore”
La Corte Suprema ha ammesso l’adozione in casi particolari, ma ancora non esiste una legislazione che permetta liberamente di adottare un minore per le coppie omosessuali.
Maternità surrogata e fecondazione assistita
In Italia il ricorso alla maternità surrogata è vietato dalla legge del 2004. Con maternità surroga intendiamo una pratica in cui una donna è contrattualmente legata ad una coppia di genitori intenzionali o committenti, con cui si impegna a portare avanti una gravidanza per conto di questi.La fecondazione assistita è invece una tecnica che rende ad una coppia possibile avere un figlio naturale attraverso stimolazione ovarica, inseminazione intrauterina e fecondazione in vitro. La fecondazione assistita in Italia non è vietata ma lo è di fatto per le coppie omosessuali. È possibile fare ricorso a tale tecnica solo coppie maggiorenni, di diverso sesso, sposate o conviventi e in età potenzialmente fertile, quindi sono molte le limitazioni.