I CONCETTI DI ATTO E POTENZA DI ARISTOTELE: HA SENSO PENSARLI RIGUARDO ALL’ESSERE UMANO?6 Minuti di Lettura

Scritto da Elisa Poletti

Laureata in Filosofia

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Atto e potenza. Alcuni di noi ricordano questi termini dalle lezioni di filosofia del liceo. Concetti semplici ma al contempo complessi da eviscerare e comprendere a pieno. Aristotele cercò di trovare una spiegazione ad osservazioni antiche quanto il mondo, in merito al perpetuo divenire dei fenomeni naturali.
Qualsiasi fenomeno naturale, dal semplice susseguirsi dei cicli lunari o delle stagioni, fino al mutamento che porta un seme a diventare pianta o una cellula a diventare un più complesso essere vivente, porta con sè un mutamento e una trasformazione.
Più precisamente Aristotele cerca di mostrare con la propria teoria di atto e potenza una sintesi tra due posizioni quasi antitetiche, quella dell’Essere statico di Parmenide e quella del continuo divenire di Eraclito, ma facciamo un passo indietro.

La teoria dell’Essere immobile di Parmenide

Parmenide è un punto di riferimento per quanto riguarda la riflessione ontologica e formula uno dei pilastri della logica, su cui tuttora facciamo affidamento, ovvero il principio di non contraddizione.
Egli afferma che l’Essere è e non può non Essere, il non Essere non è e non può Essere. Una cosa non può essere e non essere se stessa allo stesso modo. Questo pare scontato ma la sua banalità allo stesso modo non lo rende meno importante.
Un oggetto, ad esempio un libro, che è rettangolare non può essere non rettangolare al contempo. Lo stesso principio verrà utilizzato come punto di riferimento per teorie molto più complesse: se pensiamo ad esempio alla religione, possiamo partire dall’assunto che Dio esiste e che quindi non può non esistere, se è un Dio buono non può non essere buono. Come può un Dio buono permettere tutte le atrocità a cui l’umanità assiste quotidianamente? Il principio di non contraddizione afferma che non può non essere buono, altrimenti non sarebbe Dio.
Un circolo vizioso se vogliamo, all’apparenza complicato ma dalla semplicità disarmante: se una cosa è, non può non essere se stessa.

Partendo da questo assunto, Parmenide delinea alcune caratteristiche dell’Essere, in quanto Essere-Dio, inteso come motore immobile. E qui arriviamo alla caratteristica dell’essere statico, cui Aristotele cerca di trovare un compromesso.
Secondo Parmenide l’Essere è immobile perchè se si muovesse sarebbe soggetto al divenire, quindi continuamente sarebbe e non sarebbe al contempo. Una piantina che dal seme diventerà un arbusto, al contempo è un seme, ormai cresciuto, e non è un seme, perchè ormai è piantina. Per evitare che l’Essere cada nel principio di non contraddizione secondo Parmenide è immobile.
Questo non riflette a pieno le caratteristiche della natura che abbiamo sotto gli occhi. Qualcosa che sia immutabile e perennemente uguale a se stesso, per la fede è Dio, ma tolte le credenze religiose non possiamo farne esperienza.

La teoria del divenire di Eraclito

In questo contesto subentra la teoria del panta rhei di Eraclito, una delle più affascinanti di tutta la filosofia antica. La potremmo porre agli antipodi di quella di Parmenide appena esposta. Eraclito infatti sostiene che tutto sia in costante divenire e in trasformazione perpetua. Dirà anche che non ci si bagna due volte nelle stesse acque di un fiume, proprio perchè il continuo e perpetuo scorrere delle sue acque di fatto di non permette di immergervisi per più di un solo istante.
Questo vale per qualsiasi fenomeno naturale, qualsiasi cosa, anche quella apparentemente più statica, è soggetta a un costante divenire. La conformazione delle montagne muta, il clima muta, l’essere umano muta. Noi per primi, anche se spesso colti dalla presunzione di essere sempre uguali e fedeli a noi stessi, ogni giorno mutiamo.

Chris Lawton – La natura è in perenne divenire

I concetti di atto e potenza di Aristotele

Aristotele a tal proposito con la sua teoria di atto e potenza cerca di mediare tra queste due posizioni.
Per potenza si intende la possibilità che ha la materia di diventare qualcos’altro.
L’atto è la realizzazione di tale possibilità.
Facciamo un esempio semplice: l’uovo e la gallina. L’uovo è potenza, perchè in sè racchiude la possibilità, non ancora realizzata, di diventare una gallina. Quest ultima al contrario è atto, perchè è la piena realizzazione delle potenzialità dell’uovo. In questo modo riesce a riassumere efficacemente l’idea che stava alla base della teoria di Parmenide e il continuo divenire della visione di Eraclito. Il principio di non contraddizione non è intaccato poichè dicendo che un uovo ha le potenzialità per diventare una gallina, non si sostiene che l’uovo non sia un uovo. Al contempo include il concetto di continuo divenire che caratterizza la materia, che cambia e muta nel tempo.

Ha senso pensare l’uomo come atto e potenza?

Ora, per quanto non inerente ai pensieri di Aristotele, possiamo fare una riflessione simile che possa valere sul comportamento umano? Le leggi e i principi sopra citati fanno riferimento all’ontologia, quindi alla materia. L’essere umano tuttavia è fatto di materia. Ma non solo.

Ognuno di noi può considerarsi atto oppure potenza? In realtà entrambi, poichè le nostre vite, in qualsiasi punto siano del proprio percorso sono insieme possibilità e realizzazione di tale possibilità. Un bambino è potenza di un adulto, mentre un adulto è atto rispetto all’infanzia. Con l’età è più semplice fare una similitudine, ma l’uomo è infinitamente più complesso. L’Essere umano è costituito da desideri, aspirazioni, paure ed emozioni che rendono il concetto di possibilità molto più difficile da inquadrare.
Sicuramente ogni giorno ci svegliamo avendo degli obiettivi da realizzare, piccoli o grandi che siano. Siamo concentrati nel voler realizzare qualcosa di sempre più grande e sempre più glorioso, perchè questa è la natura dell’uomo, il suo motore pulsante. Ci concentriamo sulla potenza, intesa come potenzialità, forse talvolta scordandoci l’atto.
Ognuno di noi, in qualsiasi ambito che sia lavorativo piuttosto che di crescita personale, è partito da zero e ha percorso molta strada per diventare ciò che lo caratterizza oggi. Infinite sono le possibilità che sono divenute atto, innumerevoli le capacità che ha appreso e che ha acquisito.
Spesso capita di guardarci indietro e non riuscire a riconoscere quello che siamo diventati, tra le mille curvature dell’esistenza, rispetto a come eravamo quando siamo partiti. Questo vale in qualsiasi ambito: provare a riprendere in mano il primo lavoro che abbiamo portato a termine in un certo contesto, ci farà rendere conto di quanto siamo migliorati e di quanto quello che avevamo fatto, al tempo ci appariva l’atto, la realizzazione delle nostre abilità, e in realtà era solo la potenza, solo l’inizio di qualcosa che poi è evoluto nel corso del tempo. Lo stesso può valere per noi, in quanto Esseri umani, rileggere quello che abbiamo scritto in passato o ripensare a come abbiamo agito o a quelle parole che abbiamo pronunciato in passato, ci fa rendere conto di quanta strada abbiamo fatto, a volte in positivo, altre in negativo.

Forse la conclusione più plausibile quando si parla di questo piano, che ricordiamo non era quello a cui strettamente faceva riferimento Aristotele, è che l’uomo non sia atto, mai, ma solo potenza. Proprio perchè l’Essere umano ha sempre infinite possibilità, può sempre evolvere e fare un passo in avanti, non potrà mai diventare un atto, fatto e finito. Il cambiamento esisterà sempre. Esistono però al contempo dei limiti alle potenzialità dell’uomo, che può migliorare nelle sue abilità e caratteristiche, ma che non potrà mai giungere ad un punto che per esso è fisicamente irraggiungibile. O forse può?

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