Siamo in balia continua e costante del giudizio altrui e questo ha permeato in maniera così radicale la nostra vita da essere un fantasma muto e invisibile, ma onnipresente.
Il giudizio altrui è qualcosa di costitutivo della società, l’uomo è un animale socievole diceva Aristotele e da che l’uomo ha scelto di unirsi ad altri per sopravvivenza la convivenza ha implicato una relazione a cui il giudizio degli altri non può prescindere. La società su cui oggi ci affacciamo non ha aiutato in questo senso, sempre attenti a mostrare il giusto: né troppo poco da sembrare asociali, né troppo da apparire sui generis. Forse quello che cerchiamo non è nemmeno l’approvazione altrui ma l’anonimato. Riuscire a rimanere entro quei confini sottili tra l’essere criticato e l’essere ammirato, molti cercano soltanto la tranquillità e la serenità di non essere calcolati dal giudizio altrui. Gongolando in questa comfort zone perpetua non riusciamo più ad accettare le critiche e le osservazioni degli altri, ci sembrano lame e ci feriscono. Se da un lato è giusto batterci per ciò che ci identifica e difendere le nostre idee, dall’altro sarebbe importante anche saperci prendere in giro, farci scivolare addosso le parole degli altri e non prenderle per forza come attacchi personali. Saper ridere della vita, di quello che ci circonda, se quello che ci circonda non è catastrofico, e fare dell’umorismo un’arma per un’esistenza più appagata: forse questa è una delle forme più alte di intelligenza.
Lo stupore come forma di intelligenza
Il filosofo Fabrizio Desideri nel suo saggio “Afferrare il senso, lasciare il segno. L’incomunicabile nella lingua” cita Robert Musil.
“Non c’è pensiero importante che la stupidità non sappia utilizzare. La stupidità è mobile in tutte le direzioni, e può indossare tutte le vesti della verità. La verità, invece, ha una sola veste ed una sola via, ed è sempre in svantaggio”
Contro tutte le pseudo prove e controprove a cui si aggrappa la stupidità, la verità è sola e deve bastare a sé stessa, può muoversi entro un solo binario e per questo rimarrà sempre in difetto. Questo vuole comunicare l’aforisma. E allora come possiamo combattere questa tendenza? Desideri prova ad abbozzare una risposta parlando di stupore. Cercare una qualche corrispondenza tra l’essere stupidi e l’essere stupefatti. Forse siamo stupidi quando non riusciamo a stupirci o forse quando ci stupiamo troppo.
L’intelligenza può essere dunque una sorta di giusto mezzo nel lasciarci stupire, da ciò che viviamo e da ciò che ci circonda. E stupirci è anche lasciarci stupire da noi stessi e dagli altri. Lasciarsi influenzare da un giudizio e considerarlo come punto di arresto e considerarsi come spugne che assorbono soltanto le critiche altrui non è lo stupore di cui parla Desideri. Stupirsi significa dare una chiave di lettura nuova a quello che ci capita. “La follia sta nel fare sempre la stessa cosa aspettandosi risultati diversi.” Forse la chiave sta proprio nel sapersi prendere in giro e nell’affrontare le situazioni con quell’umorismo che in tal senso si può trasformare in sano stupore.
Esiste una correlazione tra umorismo e intelligenza?
Sul rapporto tra intelligenza e umorismo è interessante citare un recente studio condotto dall’italiano Giovannantonio Forabosco del 2020, che indaga il rapporto tra senso dell’umorismo e intelligenza. Definiamo umorismo la capacità di esprimere e rappresentare gli aspetti più divertenti della realtà che possono suscitare riso. Lo studio ha avuto come soggetti più di 300 persone dal differente QI, a cui sono state sottoposte 20 barzellette, ognuna con sei possibili conclusioni ed è stato chiesto loro di completarle con l’opzione che potesse risultare più divertente. Le persone con QI maggiore hanno mostrato migliore comprensione delle barzellette e uno spiccato divertimento per le battute di black humor.
Possiamo anche cercare nelle pagine della letteratura per trovare riflessioni sull’umorismo. Pirandello parlava di umorismo come “sentimento del contrario”, un sentimento che nasce dallo stacco che sussiste tra apparenza e realtà. In questa chiave di lettura l’umorismo potrebbe essere provvidenziale nell’evidenziare come sia proprio la consapevolezza della distanza tra ciò che ci appare e ciò che è reale a determinare un approccio intelligente alla vita. Quello che ci viene mostrato, accompagnato da tutti i costrutti socioculturali che lo contraddistinguono, non coincide per forza con la realtà. Accorgersi di questo è l’atto di intelligenza forse più alto che l’uomo può compiere.