LA STORIA DELLA STRISCIA DI GAZA: UNA PRIGIONE A CIELO APERTO7 Minuti di Lettura

Scritto da Elisa Poletti

Laureata in Filosofia

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La Striscia di Gaza è un’exclave del territorio palestinese. Con il termine exclave si intende una parte di un ente territoriale, che non è geograficamente confinante con l’ente territoriale in questione. Questa parte ha dimensioni più contenute e ha carattere minoritario. La striscia di Gaza nello specifico è una fetta territoriale che appartiene alla Palestina ma confina con Israele e con l’Egitto.
Il territorio è attualmente rivendicato dalla Palestina e a livello internazionale non è riconosciuta come Stato sovrano.

Il sionismo e la Palestina come centro territoriale del popolo ebraico

Ora facciamo un passo indietro, per inquadrare la questione è importante comprendere il significato di sionismo, ovvero quel movimento politico che vede come obiettivo ideologico quello di dare a livello territoriale una terra propria agli ebrei e implica la creazione di uno stato ebraico, proprio in Palestina.
La Palestina all’alba della Prima guerra mondiale faceva parte dell’Impero Ottomano. Come tutti sappiamo il primo conflitto mondiale ha portato alla distruzione e alla disgregazione di tale impero. Per la Palestina la conseguenza fu che diventò un mandato britannico. L’istituzione della Palestina mandataria diede la possibilità al Regno Unito di governare l’intero territorio a partire dal 1920, fino alla conclusione della Seconda guerra mondiale.
L’idea della creazione di una comunità ebraica che possa avere un centro territoriale in Palestina non venne vista negativamente dall’Impero britannico, che al contrario si dichiarò a favore della creazione della stessa, con la postilla che un’azione di tale portata non avrebbe dovuto avere come conseguenza la formazione di attriti e scontri con il popolo arabo-palestinese. L’affluenza di un gran numero di ebrei in Palestina, fece nascere negli “storici” abitanti arabo-palestinesi un senso di nazionalismo.
Gli scontri si intensificarono e negli anni ’30 del Secolo scorso insorsero dei moti che sfociarono in vere e proprie rivolte, represse con il sangue dall’Impero britannico.

La Seconda Guerra Mondiale e la spartizione dell’ONU

Con la Seconda Guerra Mondiale i coloni ebrei danno manforte agli Alleati (inglesi ed americani), il che diede una ulteriore spinta inglese verso il sostegno per la creazione di un focolare ebreo all’interno del territorio palestinese, conforme al progetto sionista. La drammaticità dell’Olocausto e la deportazione di milioni di ebrei, rese più urgente che mai la questione della creazione di un territorio dove il popolo ebraico potesse rifugiarsi. Ma le tensioni erano crescenti e il Regno Unito non fu in grado di prendere una tale decisione, rimandò così la questione all’ONU (Organizzazione delle Nazioni Unite) che nel 1947 decise di ripartire il territorio palestinese in due stati: uno arabo e uno ebraico con il controllo dell’ONU su Gerusalemme. Il Regno Unito al momento della decisione si astenne.
La decisione non venne accettata senza scontri e le due comunità cominciarono una serie di lotte che segnò la nascita di una vera e propria guerra tra il 1947 e il 1948 e la proclamazione dello Stato di Israele nel 1948.

La Palestina nel 1947 e 1949 – Immagine tratta da ispionline.it

La lotta fra Stato di Israele e Stati arabi

Alcuni stati arabi come l’Egitto e la Giordania scesero in campo al fianco degli arabo-palestinesi e riuscirono ad ottenere alcuni territori. La Giordania ottenne la Cisgiordania, l’Egitto la striscia di Gaza e gli israeliani riuscirono ad ingrandire i propri confini.
Nasce nei paesi arabi l’idea che l’Occidente stia complottando a loro discapito, usando Israele come agente per ottenere tale risultato. Una lotta che era inizialmente solo tra ebrei che rivendicavano un proprio territorio e palestinesi che cercavano di difendere le proprie terre, divenne uno scontro anche ideologicamente più ampio. Con l’entrata nel conflitto di Egitto e Giordania, il territorio palestinese sotto il controllo della Palestina smise di esistere e costrinse gli stessi palestinesi ad emigrare.

La guerra dei sei giorni riuscì ad essere tanto fulminea quanto utile a cambiare tutte le carte in tavola, nel 1967. Israele riuscì ad ottenere la Cisgiordania, Gerusalemme e altri territori, tra cui proprio la striscia di Gaza.
Nel 1978 l’Egitto riconosce Israele, in questo modo riesce ad ottenere la regione del Sinai ma non la striscia di Gaza, ancora in mano allo Stato di Israele. Bisognerà aspettare il 1993 con gli Accordi di Oslo perché anche Israele possa riconoscere l’ONP (Organizzazione per la Liberazione della Palestina).
Tali accordi prevedevano che la striscia di Gaza fosse controllata dall’ANP (Autorità nazionale palestinese) ma di fatto venne sottoposta ad un serrato controllo da parte di Israele, economico in primis. Israele impose inoltre dei posti di blocco che controllavano la circolazione sia per l’Egitto che per Israele stesso, il che rese il territorio, densamente popolato, una cosiddetta “prigione a cielo aperto”.

Israele dopo la Guerra dei sei giorni, 1967 – Immagine tratta da ispionline.it

Hamas

In questo contesto prende forza Hamas (acronimo per Movimento Islamico di Resistenza), un’organizzazione politica e paramilitare fondamentalista che cerca di imporre con maggiore forza quello che di fatto l’ANP non era riuscita a fare, ritenuta troppo permissiva nei confronti di Israele che appunto controllava la striscia di Gaza. Hamas è un’organizzazione estremista nota per le sue azioni terroristiche e per la violenza con cui perpetra tali azioni. Nonostante ciò, acquisiste sempre maggiori consensi fino a vincere le elezioni del 2006 proprio nella striscia di Gaza, strappandola al più moderato Fatah, un partito che riconosce Israele e che nel corso degli anni ha continuato a contendersi il territorio con lo stesso Hamas.

Il recente attentato di Hamas nella striscia di Gaza

È bene ricordare che gli scontri nella zona della striscia di Gaza sono stati recentemente solo in parte controllati dagli Stati Uniti, ma tali scontri che poggiano su decenni di conflitti ideologici, religiosi e di lotte armate non possono spegnersi dal nulla. Hamas non riconosce lo Stato di Israele. Non dobbiamo nemmeno pensare che sia rappresentativo di tutta la popolazione palestinese, si tratta di un’organizzazione estremista, una fetta della popolazione dunque. Ma comunque si è molto rafforzato negli ultimi anni, controllando quello che è di fatto un territorio prigioniero di se stesso, privo di sbocchi esterni.
Lo scorso 7 ottobre Hamas ha lanciato un quantitativo ancora non ben definito di missili che hanno colpito alcune città quali Gerusalemme e Tel Aviv, provocando una strage di civili israeliani. Tristemente molto noto è l’attacco al rave party.
Lo Stato di Israele ha risposto in maniera pronta dichiarando lo stato di Israele in guerra formale.

La notizia del recente attacco terroristico ci ha toccati, forse proprio perché a quel rave party erano presenti molti giovani, alcuni provenienti da paesi europei. Non è un caso che le informazioni e i mezzi di comunicazione pullulino in maniera più cospicua quando coinvolto è qualcuno della porta accanto. Giusto o sbagliato, non è questa la sede corretta per discuterne. I media e il giornalismo internazionale riusciranno a riportare in maniera precisa e puntuale gli avvenimenti che stanno succedendo o si perderà, come spesso accade, in considerazioni retoriche e di ideologia del tipo “loro contro noi”?
Ciò che importa è che è uno degli orrori più grandi del nostro tempo. Non è necessario, anzi risulterebbe inutile e indelicato fare una “classifica” delle tragedie terroristiche che hanno caratterizzato gli ultimi decenni. Al contrario, sarebbe doverosa una sincera riflessione su quanto è accaduto e sta accadendo nella striscia di Gaza, tenendo in considerazione la storia di questo territorio.

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