A chi non capita di volersi ritagliare, tra i mille impegni della vita, un po’ di tempo per sè e sceglie di impiegarlo non facendo assolutamente nulla? Il dedicarsi all’attività della non attività spesso fa nascere in noi sensi di colpa per tutto quello che avremmo potuto e dovuto fare.
Già i romani avevano ben chiaro il concetto di negotium e di otium.
L’otium era inteso come riflessione, studio e attività contemplativa, al contrario del negotium, inteso come un non-ozio e faceva riferimento all’attività pratica.
In origine quindi il termine oziare non aveva l’accezione negativa di cui è rivestito oggi. Al contrario per noi oziare significa sperperare tempo nel poltrire, senza fare nulla di costruttivo. Ma anche se inteso in questo senso, il non far nulla deve essere sempre visto come qualcosa di negativo e condannabile?
Franz Kafka scriveva: “L’ozio è il principio di tutti i vizi e il coronamento di tutte le virtù”
Prendersi del tempo per sè permette di concentrarsi sulle proprie passioni o sui propri talenti, senza le preoccupazioni che normalmente affollano le nostre giornate. D’altro canto prendersi troppo tempo per oziare rischia di generare un sentimento di noia e di apatia nei confronti di ciò che ci circonda.
È importante fare una distinzione precisa tra l’otium, inteso in senso greco e romano e l’inertia, ovvero la pura e semplice assenza di qualsiasi ars. L’otium inteso come tempo dedicato allo sviluppo di una certa inclinazione verso l’arte o la poesia era considerato positivamente, anzi poteva essere parte dell’antidoto per una società dall’animo corrotto.
Con il cristianesimo la considerazione dell’ozio ne risulta svalutata perchè associata all’inerzia. Il non fare non solo risulta una mancanza nei confronti dei propri doveri ma viene anche associato ad uno dei sette vizi capitali: l’accidia, cioè l’indolenza ad operare bene. Siccome buona parte della nostra cultura poggia sulle credenze culturali del cristianesimo, anche in questo caso il concetto di ozio viene ereditato nella sua accezione più negativa.
Dovremmo tuttavia rivalutare l’importanza del saper prendere una pausa e non fare nulla. Come una melodia, che trova la propria armonia non solo nel susseguirsi delle note, ma anche delle pause. Le pause sono necessarie, perchè il tutto non sia caos.
Oggi più che mai sembra difficile potersi prendere qualche giorno da dedicare al non fare nulla, senza sentirsi in colpa o senza avere la smania di dover per forza riempire le proprie giornate in qualche modo, anche in vacanza.
Ci sentiamo costantemente giudicati da noi stessi in primis, e poi dagli altri, e ci convinciamo che il buon agire e il buon impiego del nostro tempo sia volto al dover continuamente fare. L’esistenza scorre veloce sotto le nostre dita e nel cercare di afferrarla affanniamo nel continuo tentativo di non sprecare nemmeno un attimo. Fermarsi è considerato un fallimento.
Anche se talvolta fermarsi e semplicemente riflettere su quello che ci sta capitando è la chiave per indirizzare al meglio la nostra vita.
Il costante confronto con gli altri ci porta poi a pensare che anche i nostri momenti liberi dovrebbero essere impiegati in qualche attività. Non solo ci viene richiesto di essere produttivi per la società, ma ci auto imputiamo la colpa di non essere produttivi per noi stessi.
La nostra vita è indirizzata al fare come un vanto. Prima ancora di essere caratterizzati dalle nostre peculiarità personali, siamo qualificati sulla base della nostra professione, ma non solo. Anche sugli obiettivi scolastici raggiunti, sulle attività che svolgiamo nel tempo libero.
Il fare di più, e soprattutto il fare di più rispetto agli altri è diventato un motivo di orgoglio. Se considerata come soddisfazione personale per gli obiettivi raggiunti con molto lavoro è positivo, se diventa riflessione consumistica che compulsivamente tocca ogni attività che svolgiamo nel corso della giornata rischia di sfociare nell’eccesso. Presi come siamo dal dover per forza dimostrare di avere una vita piena ed appagata spesso ci scordiamo di prenderci del tempo per noi stessi.
Questo non porta ad una qualifica, ad un obiettivo di cui farsi vanto, ma il concetto è proprio questo. Non tutto quello che facciamo o non facciamo deve per forza portare ad un guadagno. Guadagno inteso in qualsiasi senso. Esiste anche la possibilità, che sembra quasi dimenticata, di svolgere un’attività per il semplice gusto di farla, perchè appaga l’animo.
L’ozio non per forza va a braccetto con la solitudine, ma spesso è così. Blaise Pascal sosteneva che tutta l’infelicità degli uomini deriva da una sola causa: dal non sapere starsene da soli, in una camera.
Spesso rifuggiamo dalla possibilità di rimanere da soli, con i nostri pensieri, senza nessuna attività che ci distragga. Il difficile è riuscire ad affrontare l’idea di rimanere una giornata in piena solitudine nella beatitudine del non fare assolutamente nulla.
Il che è paradossale visto che in molte occasioni quello che vorremmo sarebbe stare un attimo da soli senza dover per forza svolgere mille compiti assegnati.
Arthur Schopenhauer diceva che la solitudine è fonte di felicità e tranquillità d’animo.
Forse solo un animo equilibrato, che ha districato le proprie matasse interiori, trova la felicità in un puro e autentico momento di solitudine.