Vi siete mai chiesti perché ci appassionano così tanto le storie d’amore degli altri? In generale, potremmo fare la medesima riflessione anche sul perché ci interessa la vita degli altri in generale, ma nello specifico abbiamo la tendenza ad affezionarci alle storie d’amore che vengono raccontate dagli altri, le sentiamo nostre. A volte ci riconosciamo, altre volte semplicemente le mettiamo a paragone con la nostra situazione sentimentale, in positivo e in negativo. Altre volte ancora sembra che ci appassionino senza una riflessione di paragone con la nostra esperienza, ci affezioniamo semplicemente.
Su questo punto fanno leva molti aspetti della cultura che ci circonda. Possiamo citare libri, serie tv, film e programmi televisivi.
La narrazione distorta dell’amore parte dalle favole e arriva fino ai programmi tv
Una riflessione preliminare, doverosa da fare, è che l’amore come concetto e come concreta realizzazione nella vita di una coppia non è un concetto che ci è chiaro o che ci è facile afferrare. Amore non soltanto da intendersi in maniera relazionale con una singola altra persona a livello romantico, di amore possiamo parlare anche in termini di amicizia verso un’altra persona, di affetto verso un parente o un animale. Nello specifico però sembra che l’amore inteso all’interno di una coppia da sempre ci affascina ed è tematica principale di molte produzioni culturali.
Anzitutto dobbiamo tenere in considerazione il fatto che le dinamiche di una coppia sono spesso qualcosa che non riusciamo a comprendere, annaspiamo nel tentativo di cercare di far funzionare a forza le cose, perdendo di vista l’oggettività della situazione. Spesso mettiamo in atto una serie di giochi di forza in cui uno perde oppure uno vince, la collaborazione viene meno e ci troviamo in un loop nel quale da un lato vogliamo mantenere la relazione funzionale e dall’altra non vogliamo rinunciare a nessuna parte costitutiva della nostra persona. Uno studio personale della psicologia a riguardo sicuramente potrebbero chiarificare alcune situazioni che sicuramente entrano in gioco all’interno di una relazione, ma per pigrizia o per mancanza di stimoli o interesse non riusciamo a formarci una sorta di bagaglio culturale che possa esserci d’aiuto nell’affrontare delle problematiche di coppia. Mettendoci dentro anche il fatto che quando ci sono di mezzo i sentimenti ci risulta particolarmente difficile delineare in maniera chiara e obiettiva la situazione che ci troviamo a vivere, e il gioco della confusione è arrivato al suo più completo compimento.
Trovo assurdo e allo stesso tempo rappresentativo di ciò il fatto che la narrazione dell’amore che noi abbiamo sia distorta. Partiamo da quello che ci viene insegnato fin da quando siamo bambini. L’idea è quella dell’amore “tradizionale”, uomo e donna, un amore monogamo e che dura per tutta la vita. La classica principessa che senza avere nessuna conoscenza profonda del carattere del proprio principe azzurro decide comunque di sposarlo. Lui dal canto suo, folgorato dalla bellezza di lei, sceglie di mettere costantemente a repentaglio la sua vita pur di sposarla. E poi? E poi la coppia, che poggia sulle basi del niente, si sposa e “vissero per sempre felici e contenti…” Come se il momento del matrimonio fosse il coronamento di un amore, una prova che le difficoltà sono state superate e che la coppia è pronta a vivere una vita eternamente serena. In realtà le storie d’amore dovrebbero iniziare proprio in quel momento: dal matrimonio e via andare attraverso tutte le peripezie e le difficoltà che una coppia sposata incontra.
Quindi sarebbe il caso di fare una netta distinzione tra l’innamoramento e l’amore. Il primo si tratta di una folgorante emozione che ci colpisce, verso una persona che potrebbe anche essere completamente distante e incompatibile rispetto a noi. Il secondo è un sentimento che si costruisce e che si coltiva, è una scelta quotidiana, un impegno che qualcuno sceglie di prendere verso qualcun altro. Quindi sarebbe più corretto dire che le storie d’amore di cui sono costellati favole, film e serie tv sono più che altro storie di innamoramento e non d’amore. Lo sono perché sicuramente l’innamoramento è una fase più emozionante da raccontare, l’amore se così vogliamo definirlo è più “monotono”, fatto di piccoli gesti e attenzioni.
Dunque arriviamo al nocciolo del problema: di storie d’amore ne è piena la letteratura come il cinema, ma queste sono più storie di innamoramento. Le storie che parlano dei reali e concreti problemi che vive una coppia nella sua quotidianità sono invece molto più scarse.
Martin Buber e la teorizzazione dell’ Io-Tu e dell’ Io-Esso
Trovo assurdo che questa parte della narrazione di coppia sia rappresentata da alcuni programmi televisivi, decisamente trash. Penso ad esempio a programmi come Temptation Island, un corollario di storie disfunzionali dove mancanza di rispetto, problemi di fiducia e di possesso sono all’ordine del giorno. Eppure, queste storie piacciono. Non solo perché, lo ripetiamo, sono trash e il trash trova sempre uno spazio nell’interesse generale. Ma anche perché effettivamente mancano delle narrazioni alternative di problematiche che si possono presentare all’interno di un rapporto di coppia consolidato.
Un altro programma che ha tale scopo e ci riesce in maniera più costruttiva è Matrimonio a prima vista, un esperimento sociale che vede come protagoniste delle coppie che scelgono di sposarsi alla cieca, senza aver mai incontrato precedentemente il futuro coniuge. Assurdo, ma se ci pensiamo non tanto più lontano da tutte le favole che ci leggevano da piccoli. Riesce ad arrivare all’obiettivo di narrare in maniera più costruttiva le problematicità dei rapporti di coppia perché vede come figure stabili del programma tre esperti: un sociologo, un life coach e una sessuologa. Diciamo che dietro c’è sicuramente un pensiero più costruttivo rispetto a programmi come Temptation Island ma è ancora insufficiente. Risulta ancora insufficiente pensare che il nostro metro di misura culturale per identificare problematicità e difficoltà di una coppia sia un programma televisivo. Dunque, la nostra curiosità che ci porta ad appassionarci alle storie d’amore di altre persone, spesso mai viste e mai conosciute, sicuramente ha a che fare con una mancanza a livello culturale di una narrazione completa di che cosa significhi veramente amare e vivere all’interno di una relazione funzionale.
Ma non è solamente questo, le storie d’amore come la vita altrui ci intriga in generale e il perché ce lo ha spiegato Martin Buber.
Martin Buber fu un filosofo, teologo e pedagogista austriaco, naturalizzato ebraico. Il suo pensiero viene ricordato soprattutto per la teorizzazione dell’ Io-Tu e
dell’ Io-Esso.
Noi viviamo una duplice dimensione che ci porta a relazionarci con il Tu, inteso come riconoscimento della natura vivente e soggettiva dell’altro, e con l’Esso come ci stessimo riferendo ad un oggetto, ad una cosa. Esso non è da intendersi in senso letterale, esso può essere anche Lei o Lui in generale l’altro che non è il Tu. L’esistenza del Tu è fondamentale perché solo nel riconoscimento dell’altro, del non Io, noi possiamo definire noi stessi. Questo c’entra con il nostro discorso perché va a toccare la nostra dimensione relazionale che è fondamentale per l’identificazione della nostra individualità: noi esistiamo perché non siamo l’altro. È nel riconoscimento dell’altro e nel confronto dialogico con l’altro, con il tu che noi riusciamo a costruirci.
Lo stesso vale per l’Io nei confronti dell’Esso, inteso come Lei o Lui. Io mi qualifico e mi addosso delle etichette che esistono solo in relazione a quello che riconosco in me ma che non riconosco nell’altro. Il che è da intendersi quasi come un paragone. Ad esempio, se io mi ritengo un vincente, lo sono in quanto riconosco nell’altro un perdente, o viceversa. Anche i nostri atteggiamenti nei confronti dell’amore e dell’affrontare le problematiche di coppia si definiscono in base sì all’esperienza ma anche sulla base del confronto con l’altro. Io posso riconoscere me come soggetto facente parte di una relazione funzionale, perché riconosco la mia differenza rispetto all’altro, al Tu o all’Esso, che al contrario non è in grado di portare avanti una relazione funzionale. Vale in positivo, ma anche in negativo. Posso rendermi conto che lo schema di relazioni che porto avanti è disfunzionale perché riconosco nell’altro una capacità di affrontare i problemi che non è disfunzionale.
Questo potrebbe essere un motivo per cui ci appassionano tanto le storie d’amore degli altri, perché nella differenza rispetto agli altri e al loro agire all’interno di una coppia, noi siamo in grado di misurare e di definire noi stessi.