L’essere umano non è libero perché non può scegliere cosa volere. Pensiamoci bene, quante volte ci è capitato di desiderare qualcosa ardentemente e credere che questa volontà sia frutto di una nostra vera interiorità, slegata da qualsiasi altra contingenza esterna. In realtà capita più spesso di non riuscire a definire qual è il confine tra ciò che vogliamo e ciò che vogliamo volere.
Volere qualcosa nella vita: stabilità economica, lavorativa, sentimentale, è veramente qualcosa che intrinsecamente desideriamo o è solo il riflesso di quello che gli altri si aspettano da noi? Le nostre scelte non sono mai frutto di una nostra semplice volontà perché sono legate a quello che ci è accaduto.
Il concetto di possibilità mostrato da Van Dormael
Il film ‘Mr. Nobody’ del 2009, scritto e diretto da Jaco Van Dormael, è una buona rappresentazione di questo concetto: la storia di un uomo, arrivato al termine della sua vita, in una società distopica dove è l’ultimo essere umano mortale, ripensa a tutte le scelte che ha compiuto nel corso della sua esistenza e alle conseguenze che ad esse ne sono scaturite. Da bambino i genitori si separano ed eccolo di fronte alla prima vera scelta importante della sua vita: abitare con il padre o con la madre, da quel semplice bivio scaturiscono differenti e molteplici possibili vite. Incontra l’amore della sua vita, ma solo se sceglie di vivere con un genitore, e la relazione finisce oppure non finisce in base ad una ulteriore scelta. Al termine della pellicola il giovane intervistatore che sul letto di morte si fa raccontare l’esistenza di Mr. Nobody, confuso dalle mille vite possibili chiede quale sia quella giusta, quella che ha vissuto davvero. Uno straordinario Jared Leto risponde: tutte le possibili vite sono giuste, ogni passato è quello giusto, ogni cosa che è stata, avrebbe potuto essere qualcos’altro.
Il pensiero di Heidegger
L’esistenza è una questione di possibilità, ogni scelta fintanto che non è ancora stata compiuta ricade nella sfera della possibilità e qui ci illudiamo di essere liberi. Heidegger diceva che la morte è l’unica cosa che de-possibilizza tutto il resto. Quando prendiamo una decisione, imbocchiamo una strada e non mille altre, quando scegliamo di rimanere accanto a una persona piuttosto che ad un’altra, quando scegliamo una strada nello studio o nel lavoro, stiamo togliendo possibilità al resto. Fin tanto che la decisione non è presa tutto è ancora possibile e tutte le molteplici strade sono una possibilità, quando ne scegliamo una è quella e solo quella che si realizza, tutte le altre vengono de-possibilizzate. Forse è per questo che l’uomo ha paura di scegliere. Ma quello di cui si illude è che sia libero di prendere tali decisioni di possibilità e de-possibilità in maniera arbitraria, senza essere minimamente influenzato dalle circostanze.
Il determinismo è quella corrente di pensiero filosofica e meccanicista che sostiene che ogni cosa appartenente all’universo sia connessa da relazioni di causalità. Tutto è determinato da altro, necessariamente, e nulla è casuale. Se questo venisse traslato all’agire umano, ne dovrebbe conseguire che ogni nostra azione è determinata causalmente da altro. Ogni nostra scelta deriva da altre scelte che abbiamo preso in precedenza, ma siccome il regresso all’infinito non è possibile, deve per forza di cose esserci stata una qualche decisione iniziale che abbiamo compiuto che ha dato origine a tutte le altre.
L’inizio del nostro processo decisionale sicuramente viene fatto coincidere con l’inizio della nostra esistenza. L’infanzia è l’inizio della nostra vita, periodo nel quale agiamo per imitazione, di quello che viene detto e fatto dai nostri genitori in primis, dalla nostra cerchia di amici all’asilo poi. Gli altri sono la misura delle nostre decisioni, o addirittura sono gli altri che decidono per noi, al posto nostro. La catena decisionale che inizia con l’infanzia già nasce come determinata da fattori esterni, nessuno viene al mondo con la conoscenza in mano, gli viene insegnata. Ci possiamo immaginare come fogli bianchi su cui l’esistenza scrive le sue pagine, con un tratto fine e delicato se siamo fortunati, o con un tratto rude che quasi buca il foglio.
Ma siamo davvero liberi?
Che il nostro agire sia influenzato dalle decisioni di altri e poi da decisioni che noi abbiamo compiuto come conseguenza delle iniziali decisioni di altri è chiaro. Possiamo ancora digerire questo fatto, quello che a volte ci riesce più complicato è comprendere che anche il nostro volere è condizionato da fattori esterni e non siamo padroni nemmeno di ciò che vogliamo.
Volere è una cosa immediata, istintiva, non c’è ragionamento nella volontà, non ci sono tramiti. Ognuno di noi vuole qualcosa e basta, ma sarebbe interessante capire fin dove si spinge il confine tra ciò che vogliamo davvero e ciò che vorremmo volere, ciò che ci viene imposto dal mondo esterno. Anche ammesso che noi riuscissimo a scindere il riflesso sociale di ciò che vogliamo da quello che vogliamo davvero, anche arrivassimo a conoscere il frutto della nostra vera volontà ci renderemmo conto che non abbiamo alcun potere su di essa, perché non possiamo scegliere cosa volere.
Dove risiede allora la libertà dell’essere umano? Se ogni sua decisione è determinata da altro, se la sua esistenza è solo una delle molteplici possibili e se la sua volontà non è soggetta a libero arbitrio, che fare? L’approdo del determinismo non è ascetico, non si riduce al semplice non fare nulla e accettare passivamente le situazioni. Credo che la vera e unica libertà dell’uomo, quella che lo distingue da tutte le altre creature, sia la consapevolezza della sua non libertà. L’essere umano può scegliere, questo può, di essere consapevole o meno del fatto che la libertà così come la intendiamo normalmente è utopica. La sua libertà risiede nella capacità di comprendere che le sue azioni e la sua stessa volontà non sono del tutto libere.